La Cassazione di recente è intervenuta su un contrasto relativo all’educazione religiosa del figlio, chiarendo che il giudice può prescrivere ad un genitore di non impartire insegnamenti religiosi al bambino solo se ha accertato che la religione scelta crea un danno effettivo al minore. La decisione del giudice non deve invece basarsi su un mero pregiudizio nei confronti di quella confessione [1].
Educazione religiosa del figlio - contrasto fra i genitori
Nel caso esaminato il Tribunale di Como, nel pronunciare la separazione coniugale, aveva affidato il figlio ad entrambi i genitori, con collocazione presso la madre.
Il giudice del primo grado di giudizio inoltre, su domanda del padre, aveva ordinato alla madre di non impartire al figlio gli insegnamenti della religione geovista, alla quale ella aveva aderito.
Ciò per permettere al bambino di continuare il percorso di insegnamento della religione cattolica, che inizialmente entrambi i genitori avevano scelto per il figlio, tanto che quest’ultimo era stato battezzato nei primi mesi di vita.
Il giudice aveva motivato il provvedimento restrittivo con la considerazione che la religione cattolica, più diffusa e praticata, avrebbe permesso una più agevole integrazione del bambino nel tessuto sociale e culturale del contesto di appartenenza ed in considerazione di ciò che il giudice ha definito la natura settaria della comunità religiosa geovista, chiusa in se stessa e ostile al confronto con qualsivoglia altro interlocutore, essendo legata a una interpretazione formalistica e parziaria di taluni testi vetero-testamentari, che non ha ispirato (almeno in Italia) alcun prodotto letterario o artistico avente dignità culturale.
La madre ha appellato la sentenza chiedendo la sospensione e la revoca unicamente dei provvedimenti relativi all'educazione religiosa.
La Corte d'Appello di Milano ha respinto l’impugnazione, confermando la sentenza del Tribunale di Como.
La Corte di Cassazione, adìta dalla madre, ha accolto il ricorso di quest’ultima, annullando con rinvio la sentenza della Corte d’Appello di Milano.
Con detta pronuncia la Suprema Corte ha chiarito che il diritto di libertà religiosa garantito dalla Costituzione, oltre che dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, nonché il diritto all’uguaglianza dei coniugi, pure di rango costituzionale, possono essere limitati solo ove il loro esercizio arrechi conseguenze dannose per il figlio, compromettendone la salute psicologica o fisica.
Detto principio è in linea con precedenti pronunce della stessa Suprema Corte [2] e della Corte Europea dei diritti dell’uomo [3].
Non è dunque consentito al giudice emettere provvedimenti restrittivi nei confronti di un genitore sulla base di una astratta valutazione delle religioni cui gli stessi aderiscono, con un giudizio di valore che gli è precluso, ma solo se è stato accertato che dall’adesione alla confessione del genitore possa derivare un concreto ed attuale pregiudizio al minore.
[1] ordinanza depositata il 30 agosto 2019
[2] Cass. Sent. n. 12954 del 2018
[3] CEDU Sent. 12.2.2013 Vojnity v. Hungary